
L’EMOZIONE DI PARLARE CON OTTAVIO ROMANO
Cari lettori, bentrovati ne “Le interviste di Filo Comune”, una breve rubrica che ci farà conoscere i formatori del modello “Con la Scuola” e assaggiare le principali tematiche e buone pratiche da usare in classe per migliorare il benessere di studenti e docenti.
Diversi anni fa, Francesca Traclò, una ricercatrice appassionata, un vulcano di energia e idee che oggi non c’è più e Ottavio Romano, un esperto di educazione emozionale, iniziarono ad immaginare un modo per coinvolgere e motivare meglio gli studenti, sviluppando negli anni quello che diventerà un modello ben strutturato che già nei suoi anni di ricerca-azione ha dato i suoi risultati in termini di minori abbandoni scolastici, meno assenze, miglior rendimento e meno bocciature.
Oggi abbiamo il piacere di parlare con l’ideatore di quel modello, bentrovato a Ottavio Romano!
Ottavio, ti è piaciuta la presentazione?
Si può sempre fare meglio.
Mettiti comodo perché l’intervista durerà un bel po’!
Ho tutto il tempo che vuoi.
Ottavio, le etichette piacciono a pochi, ma aiutano a semplificare le cose per chi ci legge, come ti definiresti: un educatore, un ricercatore, un esperto di emozioni e linguaggio…?
Sono nato nel 1954 e sono tuttora un educatore curioso esperto nel navigare nell’arcipelago emozionale, lo navigo dal 1982 anno in cui per la prima volta le ho viste spuntare davanti a me e dentro di me e mi sono chiesto il perché della loro esistenza. Con questa domanda nella mente ho intrapreso un percorso di formazione specifico fidandomi del Centro Italiano di Solidarietà di don Mario Picchi.
Facciamo qualche passo indietro, ci racconti quali sono state le tue principali esperienze lavorative.
Ho lavorato un anno in una finanziaria, poi socio di una società di sviluppo in Calabria, lavori utili per capire che non mi appartenevano. Sono diventato un operatore di comunità terapeutiche per tossicodipendenti del Ce.I.S. sino a diventare il direttore dell’Accoglienza delle comunità del Centro Italiano di Solidarietà di Roma.
Dopo questi 10 anni nel 2005 ho collaborato per 3 anni con il direttore della Fondazione Rosselli di Torino per cooperare all’ideazione di progetti innovativi per aziende leader in Italia come Vodafone e strutture Nazionali come il Miur sulla ideazione e progettazione del percorso per il rafforzamento dell’Identità dei LES.
La mia formazione è mirata al riconoscimento dei sentimenti personali come unica strada per poter “interpretare” il comportamento di individui, gruppi e organizzazioni.
Ad un certo punto incontri Francesca, ricordi come vi siete conosciuti?
Perfettamente: mattina ore 10, ero a Vibo Valentia in Calabria per impostare un percorso terapeutico di una comunità della Diocesi e durante la fase di progettazione del percorso la conobbi come volontaria. Me la ricordo seduta su di un banco, con accanto la sua amica Caterina, che ascoltava il mio intervento sulle basi teoriche del percorso, era ancora prima che andasse all’università. Non sapevo che avremmo lavorato insieme dal 2010 in poi.
Qual è stato l’istante in cui è germinato il seme di quello che poi diventerà il modello “Con la Scuola”?
Questo non è accaduto in un istante, ma durante gli anni di collaborazione con la direzione degli ordinamenti scolastici nel progetto sull’identità dei Liceo Economici Sociali. Io e Francesca durante il lavoro con i docenti ci siamo accorti con sorpresa della difficoltà nel comprendere i tratti distintivi tra il concetto di competenza e il concetto di capacità. Abbiamo soprattutto notato la difficoltà di individuare nella competenza le emozioni e i sentimenti che rendono possibile una azione competente. Su questa intuizione è germinato il seme del Modello con la Scuola.
Per questo modello l’aspetto emotivo è centrale. Scusa la domanda banale, ci puoi far capire la differenza tra emozioni, sentimenti e stati d’animo?
Non basta leggere, sapere e studiare sui libri per capire la differenza. Se non accedi a un percorso formativo fatto in gruppo con simulazioni mirate a mettere in scena episodi emotivamente significativi, a questa comprensione si arriva soltanto quando “senti” la sottile differenza tra una tua emozione, un tuo sentimento e il tuo stato d’animo.
Comunque, rispondo lo stesso consapevole che non basterà ciò che dico per “sentire” la differenza.
Prima di uno stato d’animo, di un’emozione , di un sentimento, ci sono sensazione e percezione.
Lo stato d’animo è come un motore sempre acceso. Definisce la qualità e l’intensità del soggettivo vissuto quotidiano. E’ su di esso che si innestano l’emozione e il sentimento.
L’emozione è incarnata al corpo. Quando il corpo è sottoposto a determinati stimoli, lo stesso agisce in modo autonomo a tutela della vita della specie.
Il sentimento, invece, è privato, personale e soggettivo. Appartiene al dominio della mente, vive nel pensiero e, per questo motivo, è legato al linguaggio e alle immagini. Il modello Con la Scuola aggiunge che è anche legato alle posture e all’uso del canale visivo.
Degli esempi?
Stato d’animo.
Ogni mattina ci svegliamo con una sensazione, sulla sensazione si basano i nostri umori; è dallo stato d’animo che dipende se saluteremo o meno le persone che incontriamo o se suoniamo il clacson appena scatta il verde del semaforo.
Emozione.
Uso il classico esempio di William James dell’orso che improvvisamente appare davanti a noi nel bosco: ho paura e scappo o mi fingo morto impietrito. In tutti i due casi chi agisce per prima non è la mente, non c’è il tempo per un pensiero. E’ il corpo che agisce in modo autonomo.
Sentimento.
Arriva sotto forma di sensazione piacevole/spiacevole che viviamo quando ad esempio una persona che conosciamo ci incontra e non ci saluta. Il nome del sentimento non è uguale per tutti. Personalmente, quando è successa una cosa del genere mi son sentito rifiutato, sentimento per me doloroso. Il mio comportamento nei suoi confronti sarà determinato dal sentimento. Se non c’è la capacità di dare un nome allora la sensazione spiacevole, si trasforma in impulso. Individuare i sentimenti e dare loro un nome è l’esperienza più importante per “sentire” la differenza degli stati affettivi.
Ora ho capito, grazie. Visto che ci siamo, ci dici perché non possiamo acquisire le competenze e invece le abilità sì?
Per me è frustrante rispondere a questa domanda. Posso dire che come esperto vivo un doloroso senso di impotenza. La mia non è un’opinione, è scritto in modo chiaro ed inequivocabile che la competenza è:
LA CAPACITA’ DELLA MENTE DI METTERE INSIEME conoscenze, abilità ed emozioni in vista di uno scopo.
E’ una capacità biologica che possediamo, è mentale, è una combinazione chimica del corpo. La possediamo come corredo genetico per questo motivo sarebbe corretto usare per lei termini più appropriati alla sua natura di dono di specie. La capacità di mettere insieme la possediamo sin dalla nascita, purtroppo non la possiamo acquisire, non è come l’abilità e la conoscenza, possiamo solo sviluppare, allenare, dimostrare… Sarebbe bellissimo poter acquisire la competenza, vivremmo tutti meglio. Chi tende a lavorare sulla competenza per farla acquisire finirà per trattarla didatticamente attraverso misurazioni e verifiche e, solo allora, ci si accorgerà di aver inconsapevolmente lavorato sulle capacità. Senza la competenza non esiste la valutazione esiste solo il giudizio. La valutazione lavora sul cambiamento dei sentimenti soggettivi.
Questo errore semantico è sintomo di una diffusa mancanza di conoscenze su funzione e scopo della sfera affettiva sul comportamento umano.
Ottavio, direi che per oggi è abbastanza, hai ancora un po’ di tempo per noi per domande più semplici?
Sì, vai, vai.
Sarò veloce, uno o più libri che consigli di leggere?
Ce ne sono tanti. Due sono molto rappresentativi se vuoi approfondire i temi che abbiamo toccato: “Alla ricerca di Spinoza” di Antonio Damasio e “Come sono fatte le emozioni” di Lisa Feldman Barrett. Due posizioni differenti ma coerenti tra loro: non esiste un sentimento senza un corpo. Questo aspetto è totalmente mancante nella mente di ognuno di noi.
Un cantante che quando lo ascolti ti fa stare bene.
Solo uno? Cat Stevens. Anche David Bowie, i Canned Heat, Rod Stewart… ne ho una marea!
Concludiamo, un desiderio che vorresti si realizzasse da qui a 10 anni, per te o per la comunità educante.
Che ogni docente sia in grado di dare un nome ai sentimenti che vive nella sua quotidianità di docente. Oggi gli insegnanti vivono l’impotenza: danno la colpa alla società, al Ministero, agli studenti… Non è così! Gli insegnanti hanno un potere incredibile.
Ti ho dato la cosa più difficile da realizzare, ma l’obiettivo è questo. Che i docenti siano consapevoli di ciò che vivono. Pensa che bello, un docente un giorno verrà da me e mi dice “Ottavio, scusa ma io ho proprio un rifiuto per la classe”. Questa è consapevolezza. Non c’è nulla di più umano. Questa paura che ci fa sentire l’aula, è la paura del giudizio.
Ce lo auguriamo. Ottavio, ti ringraziamo per la tua disponibilità e approfitto per ricordare che un approfondimento in merito ai temi che abbiamo toccato oggi è possibile trovarlo ne “I quaderni di Filo Comune Ets” e sul “Manuale del modello Con la Scuola” disponibile su questo sito. Grazie Ottavio, alla prossima!
Allora, grazie per avermi fatto sfogare, ho finito il mio tempo, alla prossima!