Fotografia di un’esperienza da docente

Daniele Di Ianni, tra i soci fondatori di Filo Comune Ets, l’associazione senza scopo di lucro che vuole diffondere il modello Con la Scuola, ha appena finito di svolgere un anno di docenza in un istituto alberghiero nella provincia di Chieti con alcune classi del triennio.

Al termine del suo anno scolastico ha scelto di condividere una piccola riflessione. Buona lettura!

Fare un anno di supplenza con studenti del triennio è qualcosa di straordinario. I cambiamenti dei ragazzi in pochi mesi, le tante risate e anche qualche lacrima, ti fanno essere orgoglioso della missione che ti hanno affidato e che tu hai voluto con tutto te stesso.

Ho insegnato Diritto e tecniche amministrative in un istituto alberghiero e ho sperimentato la difficoltà di portare avanti i programmi, nonostante questi non esistano più. Infatti, esiste la convinzione ancora diffusa che quelle conoscenze vadano trasmesse tutte o il più possibile.

Di questa esperienza, mi porto a casa le tante lezioni che ho imparato, ma la più importante è questa: quando sono in classe devo sempre chiedermi di cosa hanno bisogno gli studenti per diventare adulti, cosa posso fare con loro affinché diventino giovani responsabili, capaci di prendere decisioni consapevoli nel loro futuro, come posso renderli autonomi.

Ad ogni lezione la risposta era diversa: desidero giovani che rispettino le donne, che vadano a votare, che non spaccino, che non siano bulli, che sappiano aprire della attività durature nel tempo, che sappiamo parlare in pubblico, che sappiano scrivere una mail e un curriculum, che sappiano distinguere i fatti dalle opinioni, che abbiano passioni e così via.

Ho capito, dunque, che le nozioni di materia non sono da sole sufficienti per raggiungere il successo dei ragazzi. Servono attività che motivino gli studenti a raggiungere gli obiettivi citati sopra.
È stato prezioso usare gli strumenti dell’osservazione senza giudizio, del colloquio individuale, del feedback a U, della diversificazione degli ambienti di apprendimento, della riflessione, del linguaggio dei sentimenti.

I risultati sono stati buoni, ma non ottimi.
Mancava qualcosa.
Ero solo. Ogni docente era solo. Ogni docente del CDC ha svolto il proprio lavoro in autonomia senza una strategia condivisa. E no, quei consigli di classe da 45 minuti non sono uno spazio sufficiente per elaborare soluzioni, tutt’al più “per mettere a verbale le criticità osservate” (o peggio ancora, frutto di un giudizio). Questa è stata una grande debolezza.

Tralascio i commenti personali relativi ai limiti strutturali di una scuola rallentata dagli adempimenti burocratici e che dimentica la didattica; di una scuola che non prevede aggiornamenti formativi obbligatori per i docenti mentre i ragazzi cambiano con una velocità impressionante; di una scuola che non pone al centro l’educazione degli studenti intesa come passaggio dalla pre-adolescenza alla vita adulta; di una scuola basata sulla meritocrazia, che di meritocratico ha ben poco; di una scuola in cui in ogni anno si investe meno; di una scuola che non sa come gestire i fondi europei e li spreca.


Insegnare mi ha fatto essere una persona felice di alzarsi ogni mattina.


Insegnare mi ha fatto venire voglia di gridare ancora più forte che possiamo fare di più per i ragazzi e che dobbiamo farlo insieme.

One Reply to “Fotografia di un’esperienza da docente”

  1. Analisi in gran parte condivisibile. I cdc sono inutili quanto superati. Forma di turismo scolastico per alcuni. Il potenziato grande bolla o “ cattedra nel deserto”. Mantenere l’autorevolezza sempre padroneggiando la disciplina in modo da interessare i ragazzi comunque , soprattutto nel triennio superiore, distratti da tutto il sistema mondo / apparenza/ immagine/ futilità e da tutti.

    Rosanna says:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *